Diagnosi, indagini strumentali e terapie
Autori: Dott.ssa Simona Cerulli, Medico Chirurgo Specialista in Fisiatria responsabile UOSD Physio Training Centre, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Roma
Dott. Valerio Venditti, Fisioterapista Casa di Cura Villa Stuart Sport Clinic, Centro Medico di Eccellenza FIFA e FIMS, Top Physio Balduina
Le lesioni muscolari sono eventi molto diffusi nella pratica sportiva. Possono rappresentare a seconda della disciplina coinvolta dal 10% al 50-60% dei traumi sportivi. I casi più frequenti sono nel calcio e riguardano soprattutto l’atleta professionista. Le modalità di infortunio possono essere:
⁜ per trauma diretto (come negli sport da contatto) causati da un impatto diretto con l’avversario;
⁜ da ferita da taglio (ad esempio nello sci).
Solitamente, i muscoli più coinvolti sono il quadricipite, i gemelli o il deltoide. Nella diagnosi dell’evento sarà importante l’esame clinico con la raccolta di dati specifici come:
- il meccanismo traumatico;
- il momento in cui è avvenuto il trauma (allenamento, partita o riposo);
- la storia di infortuni pregressi.
Si accompagna a questo un esame clinico, costituito da:
- ispezione (gonfiore ed ematoma);
- palpazione;
- valutazione del range of motion (arco di movimento articolare), stretching e manovre funzionali;
- valutazione del dolore.
Nelle contusioni, generalmente, il dolore è immediato e si accompagna anche una riduzione di mobilità articolare. Nel trauma indiretto l’atleta riferisce indolenzimento o pesantezza. Nel DOMs, Delayed Onset Muscle Sorenes, il dolore è diffuso a tutto il muscolo e compare solo a riposo e dopo ore dall’attività sportiva e lo stretching tende a migliorare i sintomi. Negli infortuni strutturali, il dolore è molto forte, particolarmente localizzato, si accompagna a sensazioni di schiocco ed impotenza funzionale immediata. La diagnosi rapida dell’infortunio riduce la comparsa di complicanze. Ad esordio precoce, possiamo avere sindrome compartimentale e flebiti:
⁜ nella sindrome compartimentale i tessuti vengono compromessi dall’aumento della pressione all’interno della fascia, ma sono casi molto rari. Si gestiscono con ghiaccio e riposo e si richiede un possibile trattamento chirurgico in caso di mancata riduzione del sintomo;
⁜ nella flebite (o la sua evoluzione in trombosi venosa) si manifesta un processo infiammatorio della parete di un vaso che può evolvere in ostruzione dello stesso. È una rara complicanza e sono pochi i casi che possono coinvolgere le lesioni del tricipite surale.
Più tardivamente si possono creare:
- fibrosi, ovvero la formazione di una cicatrice con tessuto biologico diverso da quello preesistente, determinato da un errato o mancato trattamento dell’ematoma, da massaggi intensi profondi nei primi 5 giorni, da esercizi aggressivi, da un’immobilizzazione troppo prolungata o di applicazioni di tecniche fisioterapiche nella fase acuta in cui si sia applicato forte calore, o precoce ripresa dell’attività sportiva ad alta intensità;
- falda liquida intermuscolare che può persistere per mesi e necessitare di una puntura evacuativa in caso di mancata guarigione;
- calcificazioni.
Lesioni muscolari: come fare diagnosi
L‘ ecografia rappresenta una delle indagini strumentali principali. Molto utilizzata in clinica, non è ancora presente in letteratura una posizione precisa sul suo uso, in contrapposizione alla risonanza magnetica nucleare. L’ecografia è un esame di primo livello rapido, ripetibile, economico e con maggiore dettaglio anatomico. Può essere eseguita in comparativa oltre che in dinamica, e
rappresenta un esame molto importante anche se poco sensibile (ovvero, capace di trovare la patologia).
La RMN, di contro, ha una sensibilità per gli infortuni non strutturali pari al 92% (l’ecografia pari al 76%) e permette di avere una possibilità di visione più ampia dell’area interessata grazie alle sequenze multiple e un completamento delle informazioni.
I fattori di rischio per le lesioni muscolari possono essere intrinseci, correlati alle caratteristiche dell’atleta, ed estrinseci, correlati all’ambiente esterno. Alcuni di essi non possono essere modificabili, ovvero:
- età: tanto aumenta l’età, tanto aumenta il rischio dell’infortunio;
- presenza di infortuni pregressi: evidenze dimostrano un’incidenza 58 volte maggiore per gli ischiocrurali come rischio di recidiva;
- altezza: la bassa statura è stata correlata ad un rischio maggiore di infortuni al retto femorale.
L’esercizio fisico nella prevenzione
Molto importante nella prevenzione delle lesioni muscolari è l’esercizio fisico. In letteratura, l’Evidence Based Medicine (EBM) evidenza l’importanza del ruolo dell’esercizio eccentrico, della corsa ad alta velocità, degli esercizi di core stability, di programmi combinati preventivi (Fifa11+, tra tutti) e l’ottimizzazione dei carichi.
Il trattamento conservativo si distingue in base all’infortunio, se strutturale o non.
Nel non strutturale, con prognosi che può andare dai 5 ai 15 giorni, il protocollo prevede la riduzione dei carichi di lavoro, un progressivo aumento del lavoro aerobico, idrochinesiterapia, terapia fisica strumentale antalgica, applicazione di calore favorente ripristino del corretto metabolismo cellulare, massaggio decontratturante.
Negli infortuni strutturali, il trattamento conservativo prevede dei tempi di riposo più lunghi. Gli obiettivi primari sono:
- controllo del dolore e dell’infiammazione nella fase acuta;
- recupero dell’articolarità;
- recupero della flessibilità;
- forza;
- coordinazione;
- gesto sport specifico.
Negli ultimi anni si sono sovrapposti protocolli della fase acuta con acronimi semplici per far ricordare al paziente come comportarci:
- ICE – ICE, COMPRESSION, ELEVATION: ghiaccio, compressione ed elevazione;
- RICE- REST, ICE, COMPRESSION, ELEVATION: si aggiunge al precedente la fase di riposo;
- POLICE – PROTECTION, OPTIMAL LOADING, ICE, FISIOTERAPIA E RIABILITAZIONE COMPRESSION, ELEVATION: l’evoluzione del protocollo è l’aggiunta del carico ottimale, in quanto si è visto che, in assenza di una lesione importante o intervento chirurgico, un’eccessiva fase di immobilizzazione può determinare alterazioni biomeccaniche e tissutali tali da aumentare i tempi di recupero;
- PEACE & LOVE – PROTECTION ELEVATION AVOID ANTI-INFLAMMATORIES COMPRESSION EDUCATION & LOAD OPTIMISM VASCULARISATION EXERCISE: per la prima volta si fa riferimento al non uso dei farmaci antinfiammatori, che sono utili al controllo del dolore, ma non al recupero strutturale della lesione, alterandone l’architettura. Tra le terapie fisiche e strumentali in evidenza scientifica troviamo utilizzate:
- la laserterapia a bassa intensità;
- gli ultrasuoni;
- l’elettroterapia;
- la diatermia capacitiva e resistiva (molto utilizzata in pratica clinica, ma senza particolare peso statistico).
In seconda fase, si lavora per obiettivi funzionali, si presta attenzione ai fattori predisponenti, ad un lavoro iniziale di forza del muscolo infortunato sotto soglia del dolore e al recupero almeno del 90% del deficit di estensibilità del muscolo. Nelle fasi terminali del recupero, ci si orienta sulla estensibilità/elasticità, sul recupero completo della forza, in particolare con lavoro eccentrico, e sulla ripresa dei parametri aerobici sport. Si inizia a lavorare anche in campo sia in aerobico che anaerobico. Si terminerà con il recupero del gesto sport specifico e dunque dei parametri atletici ad alta intensità sport specifici.