Studio neuroradiologico del rachide cervicale: indagini e trattamenti in presenza di danno

Ultimo aggiornamento il 20 Gennaio 2023
neuroradiologia rachide cervicale

DOTT. GUIDO TRASIMENI – NEURORADIOLOGO DIAGNOSTA ED INTERVENTISTA, MEDICO UNIVERSITARIO OSPEDALE SANT’ANDREA ROMA

Lo studio del rachide cervicale viene eseguito con radiografia standard (RX), tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RM). Generalmente, la prima indagine richiesta è la RX che fornisce informazioni sulla altezza degli spazi intersomatici, la morfologia dei corpi vertebrali ed il loro allineamento.

La colonna cervicale rappresenta la sede più frequentemente interessata in caso di trauma spinale. Sebbene le fratture siano
più spesso nel segmento dorsale e lombare, i danni spinali sono più frequenti nel segmento cervicale dove l’incidenza di danno midollare e legamentoso è maggiore. Nel trauma, la RX molto spesso non evidenzia lesioni a causa della bassa qualità dei radiogrammi ottenuti e della difficoltà nel valutare la giunzione cranio-vertebrale o il passaggio cervico-toracico.
La TC è l’indagine indicata potendo dimostrare con maggiore accuratezza le lesioni.
In presenza di danno neurologico, a prescindere dai risultati della TC o RX, è indispensabile eseguire una RM del rachide
cervicale per escludere lesioni midollari, discali, legamentose
. In caso di patologia degenerativa con lesioni compressive causate da ernia discale, protrusione discale o spondilosi cervicale è indicato lo studio con RM. La RM è consigliabile dopo un trattamento conservativo senza successo per identificare le cause e decidere se proseguire con un approccio interventistico o chirurgico.

La RM per la sua non-invasività, l’eccellente risoluzione di contrasto e l’imaging multiplanare, è la metodica di scelta e spesso l’unica indagine eseguita prima di un trattamento chirurgico. Peraltro, la RM ha degli svantaggi rappresentati dalla necessaria collaborazione del paziente per ottenere un esame diagnostico adeguato, non consente una giusta distinzione tra osteofiti ed ernia con calcificazione associata e generalmente tende a sovrastimare una stenosi foraminale.
La mTC rappresenta una tecnica invasiva che prevede la puntura lombare con iniezione di 10 ml di mezzo di contrasto nello spazio subaracnoideo e rimane indicata soltanto nei pazienti con sintomatologia che non trova giustificazione nell’esame RM.
La RM con tecnica T2 3d ha una accuratezza che si avvicina a quella della mTC per la diagnosi di una lesione compressiva in pazienti con radicolopatia cervicale.
In uno studio retrospettivo su 1577 pazienti con trauma cervicale, la RX non è stata in grado di identificare 299 fratture di 416 evidenziate con la TC (72%). Gli autori di questo studio concludono affermando che la TC è la metodica più sensibile, specifica ed economica per lo screening delle lesioni ossee ma non è adeguata nella valutazione del danno legamentoso dove la RM è
chiaramente superiore.
In uno studio prospettico in 30 pazienti con radicolopatia cervicale , la RM ha mostrato una accuratezza diagnostica dell’87% riguardo il coinvolgimento foraminale mentre la mielografia TC (mTC) del 90%.
L’uso del gadolinio non ha conferito alcun beneficio aggiuntivo. Le ricostruzioni oblique erano meno accurate delle immagini assiali. Gli autori hanno concluso che la RM con immagini GRE 3D è una tecnica accettabile per la valutazione primaria della radicolopatia cervicale.

Un recente studio ha dimostrato una
accuratezza sovrapponibile tra la RM e la
TC multidetettore con mdc endovena nella
valutazione del grado di stenosi foraminale
e delle sue cause con miglior interobserver
agreement.

Una raccomandazione secondo le linee guida della North American Spine Society è che la TC è adeguata come prima indagine per confermare una causa compressiva (ernia discaleo spondilosi) nei pazienti in cui la terapia conservativa ha fallito e sono candidati ad un trattamento interventistico o chirurgico e che hanno controindicazioni ad eseguire l’esame RM.

Un recente studio condotto tra i membri della American Orthopedic Spine Society pubblicato nel 2014 ha dimostrato che l’alterazione di segnale in T1 e T2 del midollo in caso di spondilosi cervicale rappresenta dal punto di vista dell’imaging l’elemento predittivo migliore per stabilire l’outcome dei pazienti candidati alla chirurgia.

In letteratura ci sono diverse considerazioni riguardo l’iperintensità intramidollare in T2: osservare un segnale intramidollare T2-iperintenso di per sé è un reperto non specifico e non può essere utilizzato per prevedere in modo affidabile gli esiti chirurgici.
Tuttavia l’iperintensità in T2, quando si confronta un segmento compresso con un segmento non compresso, o un iposegnale
in T1 associato ad iperintensità in T2 nel segmento compresso, è stata associata a risultati chirurgici peggiori, poiché queste differenze possono indicare un danno istologico avanzato. Se all’ipersegnale in T2 si associa l’incremento dopo gd, il reperto è indice di mielopatia. In questi casi è necessario escludere altra patologia di tipo vascolare, infiammatorio o metabolico e la correlazione con i dati clinici e gli esami di laboratorio è necessaria. Le sequenze RM più sensibili per evidenziare alterazioni da mielopatia spondilogena sono le stir T2 che devono essere sempre ottenute insieme alle immagini T1 e T2.

Nelle forme progressive e relapsing-remitting, l’alterazione di segnale è invece diffusa. Le sequenze più sensibili sono le T2 stir e le gradient echo T2 assiali. L’uso del gadolinio permette di identificare lesioni attive che mostrano potenziamento. Molto spesso l’esame viene richiesto dopo aver riscontrato lesioni iperintense in T2/flair a livello encefalico sospette per patologia demielinizzante o in caso di neurite ottica retrobulbare per escludere lesioni nel midollo cervicale ed un interessamento midollare. Nella neuromielite ottica le lesioni midollari sono più estese in senso longitudinale con interessamento di più del 50% del midollo nelle immagini assiali e tendono ad avere una disposizione centrale.
La RM del rachide cervicale può mostrare un caratteristico ed esteso interessamento dei cordoni posteriori simmetrico e bilaterale in caso di deficit di vitamina b12. Le lesioni si apprezzano con iperintensità estesa longitudinale in T2 nella parte post del midollo, multimetamerica e caratteristica forma a “V” rovesciata nelle immagini assiali T2 e T2 gradient eco.

La RM della colonna vertebrale è attualmente uno degli esami RM più richiesti. La richiesta di questo esame aumenterà probabilmente con l’avanzare dell’età della popolazione. L’evoluzione tecnologica con la disponibilità di apparecchiature con campo magnetico molto elevato (3 Tesla -3T-) consente attualmente protocolli di imaging che riducono sensibilmente il tempo di esame, ottenendo al contempo informazioni clinicamente rilevanti. L’approccio tradizionale alla RM spinale si è basato sull’imaging sia sul piano assiale che sagittale per valutare adeguatamente il canale centrale e i forami neurali.
L’applicazione dell’imaging tridimensionale con ricostruzioni multiplanari potrebbe ovviare alla necessità di ottenere immagini su due piani, diminuendo il tempo dell’esame e il disagio associato al paziente e gli artefatti da movimento. I protocolli disponibili con l’apparecchiatura 3T permettono un imaging volumetrico T2 in tempi più brevi utilizzando sequenze fast spin echo (FSE). Rimane fondamentale la corretta indicazione all’esame radiologico che dovrebbe essere sempre preceduto dalla valutazione clinica.

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