Rotture - disinserzioni tendinee nello sport amatoriale ed agonistico

Ultimo aggiornamento il 25 Maggio 2023

Autore: Prof. Attilio Santucci, Specialista in Ortopedia e traumatologia Casa di Cura Villa Stuart, Centro Medico di Eccellenza FIFA e FIMS – Top Physio Balduina

I tendini sono composti prevalentemente da tessuto fibroso (fibre collagene tra cui sono indovate le cellule o tenociti) la cui
funzione consiste nel connettere i muscoli (attraverso la giunzione miotendinea) alle ossa (attraverso la giunzione osteotendinea). Si tratta di un tessuto molto resistente che spesso sopporta forze di gran lunga superiori al peso dell’intero corpo, come durante la corsa o durante i salti. Le distrazioni dei tendini (stiramento e piccoli e parziali soluzioni di continuo) sono infortuni comuni che, nella maggior parte dei casi, non vengono trattati chirurgicamente, ma con il cosiddetto protocollo RICE: Resting, Ice, Compression, Elevation. Occasionalmente, un infortunio acuto durante attività sportive, un trauma, stress ripetitivi o infortuni da over use possono esercitare sul tendine uno stress tale da determinarne la sua avulsione completa dall’inserzione o la sua rottura. Per il ripristino della continuità del tendine o della sua inserzione, spesso, si rende necessario il trattamento chirurgico. Il sintomo più caratteristico è un dolore severo nell’area interessata. Si può avvertire uno schiocco al momento dell’infortunio accompagnato da tumefazione, rossore ed aumento della temperatura locale. Questi segni sono seguiti generalmente da impossibilità al carico da debolezza e riduzione dei movimenti della parte del corpo affetta. Le lesioni nella pratica sportiva (e non solo) che rivestono un maggiore interesse per la loro frequenza e per i particolari problemi ad essi connessi, riguardano il tendine di Achille, il tendine distale del bicipite brachiale e i muscoli ischiocrurali.

rottura tendine
rottura tendine


ROTTURA DEL TENDINE D’ACHILLE


La rottura del tendine di Achille è relativamente comune tra gli atleti fra i 30 e 40 anni, distribuiti omogeneamente fra uomini e donne, con un’incidenza descritta fra 5-25 casi ogni 100.000 pazienti per anno. La sede maggiormente interessata è costituita dal terzo medio a circa 4-6 cm dall’inserzione calcaneare. Il meccanismo di rottura più frequente può consistere in:

  • sollevamento di un peso con appoggio monopodalico a ginocchio esteso;
  • improvvisa inaspettata dorsiflessione della caviglia;
  • violenta dorsiflessione a piede flesso come durante una caduta dall’alto.

Il sospetto diagnostico si basa sulla clinica che è caratterizzata da:

  • interruzione tendinea palpabile;
  • dolore nella sede dell’avvenuta rottura;
  • test di Thompson positivo.

La conferma avviene con le tecniche di imaging: ecografia e RMN che descrivono accuratamente morfologia e sede della
rottura tendinea. Il trattamento conservativo è riservato solo ai pazienti che presentano minimo deficit clinico e lesioni di
piccole dimensioni all’esame ecografico o RMN. Mentre il trattamento chirurgico garantisce un miglior risultato funzionale,
un tasso inferiore di ri-rotture e un rapido ritorno alla pratica sportiva. Il trattamento chirurgico consiste nella sutura percutanea, sotto guida ecografica, nella rottura del 3° medio e del 3° prossimale e la tecnica mini-open per la reinserzione calcaneare nelle disinserzioni. Talvolta, soprattutto nelle ri-rotture o nelle lesioni con eccessiva degenerazione tissutale si può rendere necessario l’augment autologo o la trasposizione tendinea. Il protocollo riabilitativo è fondamentale per la buona riuscita dell’intervento stesso e consiste in:

  • una prima fase (1° mese) di carico progressivamente completo, terapia fisica, idrochinesiterapia e tutte quelle attività
  • che consentono di contrastare la riduzione del volume del polpaccio;
  • una seconda fase (2°-3° mese) di progressiva sollecitazione con attività fisica controllata e progressivamente più intensa;
  • una terza fase (4° mese) di ripresa della preparazione agonistica.
rottura tendine

ROTTURA DEL TENDINE DISTALE DEL BICIPITE BRACHIALE

Le rotture del tendine distale bicipitale brachiale si verificano tipicamente negli uomini fra 30-40 anni durante sollevamento
pesi con gomito flesso a 90 gradi o in caso di contrazione inaspettata contro resistenza del muscolo bicipitale. L’incidenza
è relativamente rara con 1, 2 casi ogni 100.000 pazienti per anno. Di solito viene riferito uno schiocco, seguito da dolore,
tumefazione e formazione di ecchimosi nella fossa antecubitale.
Talvolta, è possibile palpare il difetto dovuto alla migrazione prossimale del tendine bicipitale. La flessione e soprattutto la supinazione contro resistenza risultano dolorose, limitate o
impossibili. La diagnosi viene posta alla luce della clinica e dell’esame RMN, il quale risulta estremamente utile per distinguere le lesioni parziali da quelle totali e una condizione acuta da una cronica. La tecnica chirurgica utilizzata consiste nella reinserzione del tendine in corrispondenza della sua sede anatomica, mediante tecnica in mini-open e utilizzo di endobutton per l’ancoraggio.

DISTACCO-ROTTURA DEGLI ISCHIOCRURALI (capo lungo del bicipite femorale, semimembranoso e semitendinoso)


Le lesioni della porzione prossimale dei muscoli ischiocrurali sono relativamente frequenti fra gli atleti rappresentando 2 casi ogni 100.000. Tali infortuni possono manifestarsi come lesione della giunzione miotendinea, lesione parziale del tendine prossimale o completa avulsione dei muscoli che originano dalla tuberosità ischiatica. I muscoli ischiocrurali sono costituiti da tre muscoli: capo lungo del muscolo bicipite femorale, muscolo semimembranoso e muscolo semitendinoso.
Solitamente, la causa della lesione è determinata da un trauma ad alta energia a ginocchio esteso ed anca flessa durante
l’attività sportiva. Clinicamente, è possibile osservare:

  • tumefazione;
  • ecchimosi;
  • deformità nella regione posteriore prossimale della coscia;
  • dolore alla flessione del ginocchio e negli infortuni più severi;
  • marcata perdita di forza della flessione della gamba sulla coscia.

Il sospetto clinico viene confermato dalle tecniche di imaging: l’esame RX è utile per escludere eventuale avulsione ossea. La
RMN costituisce l’indagine necessaria per studiare le caratteristiche dell’infortunio e distinguere la lesione muscolare dall’avulsione. La maggior parte di questi infortuni viene trattata conservativamente: riposo, bendaggi, crioterapia, astensione dalla pratica sportiva fino anche a sei settimane sono solitamente sufficienti per il recupero. Risulta, tuttavia, fondamentale inserire questi pazienti in programmi di riabilitazione volti alla prevenzione di re-infortunio che risulta purtroppo frequente. Le avulsioni complete e quelle parziali con un gap di oltre 3 cm richiedono, invece, l’intervento chirurgico che consiste nella reinserzione con tecnica mini-open, mediante ancorette, del tendine congiunto degli ischiocrurali alla zona corrispondente. L’intervento chirurgico ha anche il vantaggio di ridurre le recidive.

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