Perchè è importante individuare dei protocolli riabilitativi per i pazienti sottoposti ad impianto di megaprotesi
DOTT. LORENZO ANDREANI – DIRIGENTE MEDICO AOUP U.O. ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA DELL’UNIVERSITÀ DI PISA
DOTT. ANDREA VULLO – SPECIALIZZANDO ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA DELL’UNIVERSITÀ DI PISA
DOTT.SSA AGNESE MENCONI – DIRIGENTE MEDICO AOUP SD RIABILITAZIONE ORTOPEDICA, U.O. ORTOPEDIA E
TRAUMATOLOGIA II DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E NUOVE TECNOLOGIE DELL’UNIVERSITÀ DI PISA
Cosa sono le megaprotesi
Le megaprotesi (MP) sono un sistema protesico modulare progettate per ricostruzioni scheletriche a seguito di grandi resezioni nel trattamento di tumori ossei primari e secondari. La loro modularità le rende versatili per la ricostruzione di diversi segmenti scheletrici, soddisfacendo i requisiti biomeccanici e ottenendo buoni risultati funzionali con tempi di recupero che possono essere definiti rapidi. La riabilitazione gioca un ruolo fondamentale nel recupero funzionale con l’obiettivo di ricercare per il paziente la più alta qualità di vita possibile. Tuttavia, a causa della bassa incidenza di patologie oncologiche, primarie e secondarie, il cui trattamento è ulteriormente limitato a pochi centri medici altamente specializzati, non è stato ancora stabilito un protocollo riabilitativo standardizzato per i pazienti sottoposti ad impianto di M ai risultati funzionali di un primo impianto protesico. A causa del crescente impiego di questi impianti, risulta necessaria la stesura di linee guida standard per la gestione dei pazienti. Le MP sono disponibili per ogni distretto corporeo e quindi richiedono un protocollo di riabilitazione specifico a seconda del distretto coinvolto.
Il Protocollo dell’U.O Ortopedia e Traumatologia dell’Università di Pisa
Il protocollo di riabilitazione è stato creato per sostenere i pazienti sin dall’inizio della malattia, con un programma di recupero già pre-operatorio, quando attuabile, seguito da un programma post-operatorio precoce, da effettuare se possibile fin dal primo giorno dopo l’intervento chirurgico.
Il trattamento riabilitativo è stato differenziato in base al segmento resecato e alla patologia neoplastica di base in quanto i problemi funzionali del paziente oncologico potevano dipendere:
⁜ dalla malattia stessa
⁜ dai trattamenti medici, chirurgici (come la resezione di porzioni muscolari importanti) e radianti necessari.
Da un lato, potevano presentarsi problemi generali comuni a tutti i tumori, come danni da chemioterapia o da radiazioni, sindromi da disuso, astenia e problemi psicologici. Dall’altro, problemi locali, specifici dell’organo, dovuti al coinvolgimento diretto delle strutture vascolari, nervose, ossee e muscolari.
È stato quindi essenziale prendere in considerazione la patologia sottostante e lo stato psicofisico del paziente prima e dopo l’intervento. Per questo motivo, per la valutazione dei risultati funzionali, è stato applicato uno schema che utilizzava due questionari in combinazione. Ad un punteggio specifico per la patologia (Womac) è stato aggiunto un punteggio generico che analizzava la qualità della vita, studiando lo stato fisico e psicologico (SF-36).
I questionari sono stati proposti ai pazienti al terzo e al sesto mese post-operatorio per valutare i progressi fisici e psicologici durante il trattamento riabilitativo.

Il grado di recupero funzionale del paziente dopo un intervento di MP era essenzialmente legato al controllo della sintomatologia dolorosa e al ripristino sia articolare che del tono-trofismo muscolare, che si traduceva in un recupero dell’autonomia nelle comuni attività della vita quotidiana.
In generale, per quanto riguarda il femore prossimale, il risparmio dei muscoli glutei e ileopsoas ha permesso una riabilitazione efficace, paragonabile ad una protesi d’anca di primo impianto. Se questi muscoli venivano sezionati e reinseriti sulla protesi, era necessario portare un tutore d’anca bloccato per trenta giorni.
Per quanto riguarda il femore distale, il protocollo è stato generalmente simile a quello di una protesi di ginocchio standard, salvo il caso in cui non si doveva asportare una parte del muscolo quadricipite.
I peggiori risultati funzionali si sono mostrati nelle MP di tibia prossimale dove il reinserimento dell’apparato estensore è stato difficile. In questi casi è stato anche necessario eseguire un lembo col gastrocnemio mediale per garantire un’adeguata copertura protesica, con un conseguente aumento del tasso di complicanze e allungamento dei tempi di recupero.
In ogni caso, i pazienti sottoposti ad impianto di MP, non hanno potuto recuperare completamente articolarità e forza precedenti la diagnosi di malattia, ma hanno mostrato comunque un buon recupero dell’autonomia nelle normali attività quotidiane.
Nella valutazione dei risultati funzionali dopo l’impianto di MP nei pazienti oncologici, il problema più rilevante è stata la presenza dalla patologia neoplastica sottostante. Si può immaginare come il quadro oncologico abbia potuto influenzare gli indici di funzionalità, e dunque il risultato indipendentemente dall’impianto protesico.
Un punteggio Womac non sempre ottimale è stato spesso associato ad un buon punteggio SF-36. Questo ha dimostrato come i pazienti siano stati generalmente soddisfatti dei risultati ottenuti, non tanto in relazione al recupero funzionale, spesso non completo, ma soprattutto in relazione alla patologia sottostante e alla possibilità di svolgere nuovamente le normali attività quotidiane in totale autonomia.
I risultati funzionali derivanti dall’applicazione di questi protocolli sono stati molto soddisfacenti, così come la sopravvivenza a lungo termine dell’impianto protesico grazie ai quali si è permesso un discreto recupero funzionale e garantito un precoce ritorno alle normali attività quotidiane.
La valutazione clinico funzionale del paziente
É necessaria un’attenta valutazione clinico-funzionale del paziente durante il decorso della malattia, prestando particolare cura alla sua personalità, alle sue motivazioni e aspettative, al suo ruolo sociale e lavorativo, al grado di compliance, così da prepararsi per lo sviluppo di strategie alternative in caso di deficit funzionale permanente. Soprattutto in campo oncologico, infatti, i pazienti sono giovani e spesso sono necessari interventi demolitivi, responsabili di grandi alterazioni scheletriche e limitazioni funzionali. Per questi pazienti è necessaria una presa in carico precoce e globale, che comprenda non solo il recupero fisico e funzionale ma anche le condizioni psicologiche e motivazionali, finalizzata al loro reinserimento nelle attività scolastiche, lavorative e sociali, al fine di garantire loro la migliore qualità di vita2-12. In particolare nella chirurgia oncologica, data la frequente necessità di asportare ampie porzioni di tessuto muscolare, le MP offrono la possibilità di dare al paziente un recupero funzionale importante, anche senza ottenere una restitutio ad integrum. D’altra parte, quando la massa muscolare viene conservata, si ottimizza la possibilità di controllo dell’arto e l’equilibrio nelle fasi di andatura e in statica, migliorando la funzione articolare e riducendo di conseguenza il rischio di complicazioni meccaniche dell’impianto.
Inoltre, la frequente concomitanza con una terapia chemioterapica adiuvante deve essere tenuta presente durante il processo di riabilitazione. Questo comporta la possibilità della Sindrome da Fatica, conseguenza del trattamento citostatico, che si manifesta con astenia psicofisica, debolezza muscolare, nausea e aumento della percezione del dolore.
In tutti i casi riteniamo importante iniziare il più precocemente possibile il trattamento riabilitativo e una stretta collaborazione tra équipe chirurgica e team riabilitativo.
Il progetto riabilitativo deve essere sempre personalizzato sul singolo paziente, tenendo conto:
⁜ della patologia di base
⁜ delle eventuali comorbilità
⁜ del tipo di intervento chirurgico
⁜ dello stato funzionale pre-evento
⁜ delle aspettative del paziente stesso.

Nuove opportunità terapeutiche
Lo sviluppo delle MP ha offerto alla chirurgia ortopedica, oncologica e degenerativa opportunità terapeutiche insperate fino a trenta anni fa.
Attualmente esiste una lacuna in letteratura circa un protocollo riabilitativo standardizzato per i pazienti sottoposti a impianto di MP di arto inferiore. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad un aumento dell’utilizzo delle MP, sia in chirurgia osteo-oncologica che in ortopedia tradizionale.
L’elaborazione di linee guida per la gestione di questi pazienti è importante perché si tratta di una chirurgia impegnativa e non priva di rischi e complicanze. Per questo si raccomanda di riservarla a centri iper-specializzati, pochi in proporzione ai recenti dati epidemiologici sull’incidenza della malattia. È quindi frequente che i percorsi riabilitativi post-chirurgici non siano erogati dal centro iper-specialistico, ma delegati a strutture territoriali, spesso distanti dal centro chirurgico.
L’obiettivo della creazione di protocolli riabilitativi standardizzati è di fornire alle strutture locali delle linee guida per la gestione del numero sempre crescente di questi pazienti. Ciò è fondamentale per ottenere una continuità terapeutica, indispensabile per migliorare l’efficacia chirurgica in termini di ricadute funzionali e raggiungere e mantenere risultati funzionali adeguati ad una buona qualità di vita dei pazienti.