DOTT.SSA BARBORA TIRPAKOVA – SPECIALISTA IN NEUROCHIRURGIA E CHIRURGIA VERTEBRALE – CASA DI CURA VILLA STUART ROMA
PROF. ANGELO POMPUCCI – SPECIALISTA IN NEUROCHIRURGIA E CHIRURGIA VERTEBRALE – CASA DI CURA VILLA STUART ROMA
La colonna cervicale
Il tratto cervicale è la parte più mobile della colonna vertebrale e anche il tratto più delicato. I principi essenziali della biomeccanica e della biodinamica del rachide cervicale sono legati:
⁜ all’anatomia delle vertebre e dei dischi intervertebrali
⁜ al midollo spinale cervicale ed alle radici efferenti
⁜ ai gruppi muscolari coinvolti
⁜ ai rapporti con il sistema nervoso autonomo
⁜ alla presenza delle arterie vertebrali risalenti lungo gli osti dei processi trasversi (da C6 a C1).
La colonna cervicale presenta una curvatura di circa 36° a convessità anteriore detta lordosi, è costituita da sette vertebre e si divide in:
⁜ rachide cervicale superiore (assiale): costituito da due vertebre, atlante ed epistrofeo, diverse per forma e funzione dalle altre. Queste vertebre si articolano con i condili occipitali, costituendo la cerniera cranio cervicale che garantisce di fatto il movimento rotatorio e flesso estensorio.
In particolare, l’articolazione atlanto-occipitale consente moderati movimenti di flessione laterale, 10° di flessione e circa 25° di estensione. Pochi gradi nelle stesse direzioni sono consentiti anche dai rapporti articolari tra C1 e C2.
D’altra parte, però, atlante ed epistrofeo forniscono il principale apporto alla rotazione della colonna cervicale che sostengono per 45° in entrambe le direzioni.
⁜ rachide cervicale inferiore (subassiale): comprende vertebre (dalla terza alla settima) e dischi intervertebrali con aspetto più tradizionale che assicurano due tipi di movimento: flesso-estensorio e roto-inclinatorio.
La colonna vertebrale è sottoposta durante tutta la vita a continue sollecitazioni. Carichi e microtraumi che, frequentemente, comportano l’insorgenza di sintomatologie dolorose acute e croniche. A differenza degli altri tratti vertebrali, il meccanismo di danno più frequente è il movimento (e non la forza peso o la tipologia dell’attività lavorativa) e la dinamica è quella inerziale. Accelerazioni, decelerazioni, rotazioni, continue flessioni ed estensioni costituiscono il carico di lavoro quotidiano di questa parte della colonna che, inevitabilmente, mostrerà nel tempo i segni di questo lavoro “dinamico”.
Patologie
La patologia più frequente del rachide cervicale è l’ernia discale (il disco intervertebrale è una struttura fibrocartilaginea flessibile interposta tra due vertebre che ne consente il movimento reciproco assicurando flessibilità alla colonna vertebrale). Le cause di un’ernia cervicale sono tante: un trauma, un sovraccarico da sforzo o da postura sbagliata o semplicemente un processo degenerativo che porta il nucleo polposo del disco a disidratarsi.
I sintomi dell’ernia discale intravertebrale variano a seconda che questa interessi il midollo spinale, le radici nervose o
entrambi. I sintomi dell’ernia che comprime il nervo spinale sono:
- dolore molto intenso seguendo la distribuzione del nervo compromesso
- perdita di forza (per interessamento della componente anteriore della radice)
- perdita di sensibilità (per interessamento della radice posteriore)
- alterazione dei riflessi neurologici (per interessamento di entrambe le radici nervose, anteriore e posteriore).
Nel caso di compressione del midollo spinale vengono coinvolte le vie motorie lunghe e meno frequentemente le vie sensitive configurandosi un quadro clinico di mielopatia. Questa si manifesta con riduzione o mancanza di coordinazione (abolizione dei movimenti fini per esempio) sia a carico degli arti superiori, sia di quelli inferiori ma con un minore grado di impaccio (sindrome atasso-spastica) per arrivare anche alla paresi o ad una vera e propria paralisi degli arti con coinvolgimento di quelli superiori in funzione del livello cervicale di compressione.
Il trattamento delle ernie discali cervicali, in assenza di una significativa compressione midollare (mielopatia) o di un difetto motorio radicolare grave, è all’inizio sempre conservativo. Si somministrano FANS, miorilassanti, corticosteroidi fino ai gabaergici e morfinici.
Può essere utile utilizzare il collare cervicale, morbido di notte e semirigido di giorno e il paziente viene avviato alla
necessaria fisioterapia. Nei casi in cui falliscano le tecniche conservative e/o il paziente presenti un peggioramento della sintomatologia si pone indicazione ad intervento neurochirurgico.

Trattamento chirurgico
L’intervento chirurgico per ernia cervicale si rende necessario in presenza di deficit neurologici midollari o radicolari, quali
disturbi di forza globale o segmentale, intorpidimento marcato e sensazione tipo scossa elettrica al braccio (parestesie),
difficoltà dei movimenti fini della mano, caduta degli oggetti dalla mano o inefficacia, anche nel controllare il dolore, dei
farmaci e dei trattamenti conservativi.
La scelta dell’intervento chirurgico è strategica e devono essere valutati più elementi:
⁜ la natura della patologia, la sede e l’estensione
⁜ l’eventuale presenza di instabilità e/o deformità del rachide
⁜ l’età del paziente
⁜ la severità e la durata nel tempo del quadro clinico.
Le principali opzioni chirurgiche sono due: l’approccio anteriore e l’approccio posteriore.
Approccio anteriore
L’ernia del disco costituisce senza alcun dubbio la più frequente causa di morbilità a carico del tratto cervicale. L’approccio chirurgico universalmente riconosciuto come gold standard è quello della ACDF (decompressione e fusione cervicale per
via anteriore).
L’intervento viene praticato in anestesia generale con l’ausilio del monitoraggio intraoperatorio (opzionale in caso di radicolopatia, necessario invece in caso di mielopatia) con studio dei potenziali evocati motori ed elettromiografia agli arti superiori. Si pratica un’incisione in sede paramediana nel collo del paziente di circa 3-4 cm, previo controllo radioscopico. La dissezione dei piani profondi avviene attraverso un piano avascolare naturale passante fra il fascio vascolo-nervoso (arteria carotide comune, vena giugulare interna e nervo vago) lateralmente e complesso tracheaesofago mediamente. Si individua il livello interessato con il controllo in scopia e si procede a microdiscectomia con l’ausilio del microscopio.
Al termine dell’asportazione dell’ernia discale con decompressione completa della faccia anterolaterale della corda e dell’emergenza radicolare, si posiziona una cage (in materiale biocompatibile quale titanio o titanio-peek) tra i corpi vertebrali.
Si tratta di una tecnica operatoria con numerosi vantaggi:
⁜ dimissione rapida del paziente (generalmente in seconda giornata post-operatoria)
⁜ riduzione rapida del dolore
⁜ possibilità di muovere il collo nelle fasi immediatamente dopo l’intervento.
Dopo l’intervento neurochirurgico di artrodesi anteriore e microdiscectomia il paziente indossa il collare a tipo Schanz per circa venti giorni. Dopo un controllo radiologico (RX) viene tolto progressivamente il collare e comincia la fisioterapia riabilitativa.
Approccio posteriore
La laminectomia decompressiva è una tecnica riservata ai casi di grave mielopatia e ha lo scopo di decomprimere il midollo spinale e i forami di coniugazione. Spesso si associa alla laminectomia la stabilizzazione della colonna cervicale mediante i mezzi di sintesi-artrodesi posteriore. Un’alternativa è la laminoplastica decompressiva tipo open door. Gli approcci posteriori sono riservati ai casi sporadici di compressione multisegmantaria (oltre tre livelli) con conservazione della fisiologica lordosi cervicale.