Padel: rischio infortuni e trattamento

Ultimo aggiornamento il 15 Novembre 2022
Padel: rischio infortuni e trattamento

Spalla, gomito e caviglia le zone più colpite. Come intervenire.

Del Dott. Marco Maiotti

Padel e infortuni

ll campo da padel è più piccolo di un campo da tennis, circondato da pareti e con al centro una rete che divide il campo in due. Già queste informazioni ci danno un quadro generale delle caratteristiche degli infortuni articolari che possono generarsi.

Non essendo uno sport in cui si percorrono lunghe distanze il rischio di subire degenerazioni tendinee croniche o cartilaginee delle ginocchia, come nel caso dei runner, è molto limitato. E non essendo uno sport da contatto, i traumi da impatto non sono frequenti. Allo stesso tempo il padel è caratterizzato da rapidi cambi di direzione, un uso della racchetta molto intenso e diverso rispetto al tennis.

Per tale ragione le patologie ortopediche più frequenti nel padel sono dovute all’uso prolungato dell’arto superiore e ad un gesto atletico ripetuto che coinvolge la spalla e il gomito. Dunque: lesioni della cuffia dei rotatori, lussazioni di spalla ed epicondiliti del gomito.

Nell’arto inferiore i traumi più frequenti sono le distorsioni del collo del piede, le tendinopatie del tendine d’Achille fino alla rottura e al livello del rachide le lombalgie proprio a causa dei rapidi cambi di direzione.

Lesioni della cuffia dei rotatori

La cuffia dei rotatori è una entità anatomica composta da 5 muscoli e tendini che ricopre la testa omerale come una cuffia. Questi muscoli e tendini agiscono sinergicamente al muscolo deltoide e consentono i movimenti di rotazione ed elevazione del braccio. Il gesto atletico del padel può determinare una usura e successivamente una rottura di questi tendini, soprattutto in soggetti affetti da un conflitto subacromiale e nella fase decelerativa del gesto atletico (figura 1).

Il conflitto subacromiale (impingement) consiste nell’attrito meccanico tra i tendini della cuffia, in particolare il sovraspinoso e il tetto dell’acromion della scapola, durante l’elevazione del braccio. La riduzione dello spazio di scorrimento è determinata da un aumento dello spessore della parte anteriore dell’acromion ed è costituzionale. La diagnosi di una rottura di un tendine della cuffia, di solito il sovraspinoso, si fa con un attento esame clinico e con una risonanza magnetica (figura 2).

Lesioni della cuffia dei rotatori
Lesioni della cuffia dei rotatori
Figura 2-3-4

Di solito la rottura interessa il sovraspinoso, ma in alcuni casi possono essere coinvolti anche il sottospinoso o il sottoscapolare e nella maggior parti dei casi la rottura consiste in un distacco del tendine dalla sua inserzione all’osso. Una volta effettuata la diagnosi queste lesioni-rotture non guariscono né con la fisioterapia né tantomeno con le infiltrazioni, ma devono essere riparate chirurgicamente.

È importante sottolineare che la diagnosi deve essere effettuata precocemente e così pure l’intervento di riparazione perché, una volta distaccato, il tendine con modalità e tempistiche diverse si retrae e, al tempo stesso, la struttura tendinea degenera e le lesioni da piccole possono diventare irreparabili.

L’intervento consiste nel reinserire all’osso il tendine staccato (figura 3) mediante dei mini-ancoraggi inseriti nella zona ossea di inserzione. Questi mini ancoraggi (ancorette) sono dotati di fili di sutura che vengono fatti passare nel tendine ed annodati con dei nodi a scivolamento (figura 4).

Quando necessario come gesto aggiuntivo è necessario eseguire una riduzione dello spessore della parte anteriore dell’acromion (acromioplastica). Questi interventi possono essere eseguiti in artroscopia con anestesia locoregionale. Dopo l’intervento è necessario indossare un tutore per tre settimane. Questa fase è fondamentale per favorire la riparazione biologica del tendine, poi si deve iniziare un trattamento fisioterapico idoneo, per il recupero dell’articolarità. Il ritorno allo sport è consentito a 4 mesi dall’intervento.

Lussazione della spalla

Questa è una patologia meno frequente ma possibile nel padel. In questi casi ci troviamo di fronte a lussazioni atraumatiche in pazienti costituzionalmente lassi. È importante chiarire questo concetto: la spalla che si lussa o si sublussa (figura 5) rompe sempre dei legamenti (figura 6) che non si riparano a meno che non si intervenga chirurgicamente e non possono essere curati mediante tutore.

Lussazione della spalla
Figura 5-6

Per eseguire una diagnosi corretta è indispensabile eseguire una risonanza magnetica con mezzo di contrasto intra-articolare ed una TAC. La TAC è necessaria per quantificare ed escludere dei deficit ossei glenoidei importanti che, seppur rari, possono essere un elemento prognostico ulteriormente negativo. Per evitare che la lussazione si ripeta – e ciò è molto probabile, soprattutto praticando questo sport – è necessario quindi eseguire un intervento chirurgico che può essere effettuato in artroscopia.

L’intervento consiste nel reinserire questi legamenti capsulari al bordo glenoideo da dove si sono staccati in seguito alla lussazione, utilizzando dei mini-ancoraggi: questo intervento si chiama Bankart. Spesso però la sola riparazione anatomica non è sufficiente a scongiurare delle recidive. È consigliabile quindi aggiungere alla semplice riparazione capsulare un supporto di tessuto – il terzo superiore del tendine del sottoscapolare – per creare una doppia barriera anteriore. Questo gesto chirurgico aggiuntivo si chiama ASA, può essere eseguito sempre in artroscopia (figura 7) ed ha abbassato le alte percentuali di recidive della Bankart al 3-4%, quando il difetto osseo glenoideo è inferiore al 15%.

Dopo l’intervento è necessario applicare un tutore per 4 settimane, per favorire la riparazione biologica dei tessuti all’osso. Successivamente è fondamentale un trattamento fisioterapico per il recupero dell’articolarità. Il ritorno allo sport è di solito consentito a 3-4 mesi dall’intervento.

Lussazione della spalla

Distorsioni di caviglia

La distorsione alla caviglia si verifica quando l’articolazione si piega o ruota su se stessa in modo eccessivo. Le distorsioni più frequenti interessano la parte esterna della caviglia e provocano dolore e gonfiore immediati. Solitamente il dolore è localizzato davanti e sotto il malleolo peroneale, ovvero la sporgenza più bassa dell’osso laterale della gamba (perone).

I legamenti interessati sono il legamento peroneo astragalico e peroneo calcaneare. Queste strutture sono degli stabilizzatori statici, al contrario dei muscoli che sono degli stabilizzatori dinamici dell’articolazione. Nel momento in cui avviene l’evento distorsivo e i muscoli hanno un impulso propriocettivo ritardato e non fanno in tempo a contrarsi i legamenti subiscono lesioni che vanno dalla distrazione alla rottura. Il movimento tipico avviene quando la punta del piede è rivolta verso il basso e la caviglia ruota bruscamente all’interno.

A seconda della gravità possiamo distinguere tre gradi di lesioni:

  • 1° grado: semplice stiramento del legamento peroneoastragalico anteriore con “tilt” astragalico assente e cassetto negativo.  
  • 2° grado: rottura del peroneo-astragalico anteriore e stiramento del legamento peroneo calcaneare, “tilt” astragalico e cassetto positivi.
  • 3° grado: rottura del peroneo-astragalico anteriore e del peroneo-calcaneare con cassetto francamente positivo e marcato “tilt” astragalico.

Se l’impatto distorsivo è elevato si possono verificare delle fratture così dette malleolari. La sintomatologia tipica della distorsione alla caviglia include:

  • dolore nell’area interessata dalla distorsione, che si acuisce quando si sposta il peso sulla caviglia distorta,
  • versamento,
  • limitazione nei movimenti,
  • nei casi più gravi possono comparire ecchimosi o ematomi.

Diagnosi

Lo specialista effettuerà, dopo un esame clinico, una radiografia al fine di escludere la presenza di fratture. Per escludere lesioni legamentose o cartilaginee è indispensabile eseguire una risonanza magnetica.

Trattamento

Dopo un trauma acuto alla prima distorsione e dopo avere escluso delle fratture, il trattamento è sempre incruento e consiste in riposo, ghiaccio, elevazione dell’arto interessato, farmaci antinfiammatori. È necessario, fin dai primi giorni dalla distorsione, bloccare la caviglia interessata mediante un tutore tipo AIR CAST per tre settimane e far deambulare il paziente con bastoni canadesi per 2 settimane.

Dalla terza settimana è fondamentale impostare il protocollo riabilitativo mirato alla riduzione dell’edema perimalleolare, al rinforzo muscolare e al recupero delle abilità propriocettive. Per riprendere l’attività sportiva può essere utile applicare un taping dedicato. Se si segue questo trattamento, dopo una prima distorsione indipendente dal grado, spesso si può ottenere una buona guarigione della lesione. Il ritorno all’attività sportiva si può concedere dopo tre mesi dal trauma.

Se si verifica una seconda, terza distorsione dopo altri traumi è probabile che la guarigione del tessuto legamentoso non sia avvenuta e quindi le distorsioni si possono verificare nuovamente anche dopo un trauma banale, così da impedire non solo lo sport, ma anche da condizionare una banale corsa: la caviglia è diventata instabile. In questi casi il trattamento è necessariamente chirurgico.

Tecnica artroscopica

Il trattamento di scelta è senza dubbio il trattamento artroscopico mininvasivo che viene eseguito in anestesia locale. Consiste nell’inserire una sonda luminosa nell’articolazione collegata ad una telecamera (figura 8) e dei mini strumenti chirurgici per eseguire l’intervento.

La tecnica artroscopica nell’instabilità cronica di caviglia ha una duplice funzione:

  • Diagnostica per evidenziare eventuali lesioni associate: corpi mobili, lesioni cartilaginee dello sperone tibiale anteriore che determinano un impingement anteriore tipico del calciatore e non sono evidenziate dalla risonanza magnetica.
  • Terapeutica sia per lesioni legamentose, che per lesioni associate.
Tecnica artroscopica
Figura 8

L’intervento di scelta per trattare le lesioni legamentose e stabilizzare l’articolazione è il ri-tensionamento termico capsulare per via artroscopica (Shrinkage – figura 9). L’emissione di onde radio ad alta frequenza tramite un elettrodo che sviluppano una temperatura a 65° e determinano un accorciamento del tessuto collagene con perdita della struttura terziaria ed un conseguente ri-tensionamento del tessuto legamentoso del 20-30%.

La caviglia viene posizionata in massima eversione e flessione dorsale per rilassare la componente capsulare laterale. Con lo strumento si lavora in senso distoprossimale, in modo tale che la compattazione del tessuto connettivale avvenga distalmente alla sede da dove si deve determinare la compattazione.

Sfiorando con l’elettrodo il tessuto si ottiene visibilmente un suo accorciamento, con perdita della lassità, e diminuzione del volume capsulare prima ben evidente. La tecnica può essere eseguita sia medialmente sia lateralmente. Come già accennato, spesso concomitano lesioni di altre strutture legamentose (sindesmosi tibio-peroneale, legamento deltoideo, lesioni osteocondrali, impingement anteriore).

I vantaggi dell’intervento artroscopico rispetto all’intervento a cielo aperto sono molti:

  • assenza di complicazioni
  • bassissima percentuale di infezioni
  • anestesia locale
  • velocità di esecuzione
  • intervento anatomico
  • rapido recupero articolare
  • possibilità di intervenire contestualmente nel trattamento delle lesioni associate.
I vantaggi dell’intervento artroscopico rispetto all’intervento a cielo aperto sono molti
Figura 9

Tecniche non anatomiche tradizionali a cielo aperto

Le tecniche non anatomiche consistono in innesti autologhi, principalmente con tendine del peroneo breve o lungo o del plantare o con “allograft”. Una terza alternativa, in casi selezionati, può essere l’utilizzo di preparati artificiali.

Negli ultimi anni l’artroscopia ha svolto sicuramente un ruolo di rilievo e di scelta.

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