Perché le partite si vincono anche a tavola, bevendo caffè e mangiando rape rosse
della Dott.ssa Mila Bonomi, Esperta in Nutrizione
Lo sport più popolare al mondo, lo sappiamo bene noi italiani, è il calcio: basta una palla, voglia di correre e una squadra più o meno numerosa ed è subito la versione casalinga del Mundialito. Per i più pigri invece il calcio è un modo per riunirsi davanti al televisore e tifare la squadra del cuore. E siamo ben consapevoli del fatto che i veri campioni – quelli che ce l’hanno fatta – non solo tecnicamente e mentalmente hanno quella marcia in più, ma beneficiano anche di un’équipe di specialisti che si occupa a tempo pieno della loro salute. Inclusa l’alimentazione.

Come per tutti gli sportivi è sempre la dieta nel suo complesso ad avere un ruolo determinante: raccomandazioni nutrizionali di carattere generale sottolineano la necessità di un adeguato consumo di tutti gli alimenti, inclusi quelli ricchi in carboidrati, sempre più spesso penalizzati. La dieta infatti deve godere di un equilibrio sostenibile nel tempo, tenendo conto delle fondamentali differenze che intercorrono tra i giocatori in base al livello atletico, il sesso, il ruolo occupato, come anche in base l’età. Il divario sarà significativo quindi tra un giocatore amatoriale e professionista, tra uomini e donne, tra un difensore e un portiere, tra una giovane promessa e un talentuoso calciatore di élite.
Le raccomandazioni nutrizionali per uno sport come il calcio indicano come ottimale una dieta che consista per circa il 55-65% di carboidrati, fino al 15% di proteine e per il 25-30% di grassi. Percentuali a parte, meglio ancora sarebbe parlare di grammi per kilo di peso corporeo, che variano a seconda della fase atletica considerata (allenamento, recupero, partita, ma anche nelle importanti fasi che precedono il match). E una menzione speciale merita l’idratazione, sempre fin troppo sottovalutata.
Concentriamoci sull’integrazione sportiva
Questo tema è tutt’oggi intensamente dibattuto: spesso si abusa di integratori non necessari per la piena maturazione del gesto atletico nel caso di giovani calciatori, ma potrebbero diventarlo nel caso di atleti professionisti e semi-professionisti.
La scelta di eventuali integratori si dovrebbe sempre inserire in un contesto di dieta equilibrata e varia. Questa deve tenere conto di età, sesso, caratteristiche antropometriche, ruolo coperto in campo, abitudini personali, disponibilità ed etnia. Data infatti la diversità di scelta dei talenti cresciuti nei vivai di tutto il mondo, sempre più eterogenei quanto a tradizioni culturali e alimentari, è fondamentale considerare tutte le variabili, pure importantissime, per garantire la resistenza del giocatore non solo nel corso della singola partita, ma per l’intera durata del campionato. È bene sottolineare poi che non vi sono direttive universalmente condivise, ma sempre più spesso si suggerisce di ricorrere a sostanze con cui abbiamo, tutti, discreta familiarità: caffeina, nitrati, creatina e bicarbonato.
Caffè e caffeina
Dosi di caffeina pari a 3 mg/kg di peso corporeo (quella contenuta in circa 3 caffè del nostro bar di fiducia) hanno permesso di migliorare la performance mentale e la concentrazione dell’atleta, nonché le sue capacità tecniche, la distanza percorsa e la capacità di sprint.
Nitrati e fonti vegetali
Recentemente alla rosa delle sostanze consigliate allo sportivo sono stati aggiunti i nitrati, in genere sotto forma di succo di barbabietola o rapa rossa. Questi vengono convertiti nell’organismo in ossido nitrico, in grado di migliorare l’efficienza del metabolismo aerobico, ridurre la sensazione di fatica e contrastare lo stress ossidativo determinato dall’attività sostenuta. I risultati dei lavori disponibili sono incoraggianti.
Creatina: sì o no?
La creatina, per contro, è al centro di drammatiche polemiche già da qualche anno per i suoi risultati controversi: alcuni studi paiono indicarne l’efficacia nel mantenere una buona capacità di sviluppare potenza muscolare adeguata per lo sprint e i salti esplosivi. Altri non hanno invece mostrato variazioni apprezzabili nella performance sportiva. La creatina inoltre determina un incremento del peso corporeo per aumento del contenuto di acqua intramuscolare, cosa non sempre bene accolta dall’atleta.
Il bicarbonato? Forse all’intervallo
Il bicarbonato, in ultimo, è utilizzato per contrastare la progressiva riduzione del pH sanguigno dovuta alla produzione di acido lattico da parte del muscolo sottoposto a fisiologica contrazione. Alcuni studi ne evidenziano un effetto coadiuvante, da debole a significativo, per la capacità tampone del plasma, ma manca ancora un solido razionale scientifico che giustifichi questo tipo di integrazione.
Dati questi risultati controversi, rimane necessario prestare attenzione all’aspetto nutrizionale nella sua interezza per permettere all’atleta di esprimere al meglio il suo potenziale fisico e tecnico: perché le partite si vincono anche a tavola!