L’incubo lesione muscolare

Ultimo aggiornamento il 25 Maggio 2023

L’importanza e il ruolo del bendaggio compressivo precoce

DOTT. MARIO BROZZI – MEDICO DELLO SPORT, GIÀ COORDINATORE SANITARIO A.C. MILAN, GIÀ RESPONSABILE SANITARIO SERVIZI MEDICI A.S. ROMA

È da quando indossavo gli scarpini che sento disquisire sulle lesioni muscolari. La lesione muscolare è tra gli eventi più mortificanti nella medicina sportiva.

Operato secondo scienza e coscienza, analizzati accuratamente i carichi di lavoro, osservata ogni prevenzione e precauzione, l’immagine di uno sportivo che, improvvisamente, interrompe il gesto atletico e, facendo correre la mano in una zona del corpo, si accascia in terra, è l’incubo che più di frequente ha funestato i miei sogni di medico sportivo.

Avendo vissuto molteplici ere terapeutiche, dalla “chiarata d’uovo” di giovanile reminescenza a quelle odierne, molto più sofisticate, come i fattori di crescita, ho prodotto un’idea personale a riguardo, capace di complicare la vita di un atleta, di una società, talora di compromettere l’esito di una stagione.

Ed ecco la mia esperienza personale nella vita da medico del calcio: era una calda giornata da ottobrata romana e si giocava allo stadio olimpico di Roma. Ricordo bene l’istante in cui Leandro Cufrè, calciatore argentino che ha giocato nella Roma dal 2001 al 2006, in un allungo nella fascia di campo antistante la tribuna Tevere, urlando dolorosamente, si accasciava a terra trafitto dal dardo della malasorte. Forte dell’aiuto dello storico fisioterapista giallorosso Silio Musa, accorremmo nei pressi dell’incidente. Come sempre accade, molti curiosi sostavano intorno all’infortunato. Facendoci largo, ci piegammo su di lui per vicinanza nella sorte e per finalizzare la comprensione all’aiuto.

Leandro si teneva la coscia come a volerla comprimere: un prezioso consiglio. Liberata la parte, la diagnosi fu immediata: rottura parziale del muscolo retto femorale. A colpo d’occhio era evidente una discontinuità nel profilo muscolare che appariva interrotto a livello del suo terzo medio, con diastasi per retrazione dei monconi. Il ragazzo era vistosamente sofferente.

Scrutandoci l’un l’altro, decidemmo per una soluzione rapida benché transitoria: compressione locale ed invio negli spogliatoi. Conclusa la gara, ci recammo al capezzale di Leandro Cufrè. Nonostante il tempo trascorso, avvertiva sempre meno dolore: prodigi del bendaggio compressivo precoce. Rimosso il bendaggio, ne preparammo uno più accurato, invitandolo a non toccarlo fino ai successivi allenamenti, 48 ore dopo.

Rivedendo la situazione e confermata l’entità della lesione, era evidente il contrasto con la clinica, in quanto l’atleta era quasi asintomatico. L’esame ecografico, evidenziando l’assenza di stravasi ematici, fece chiarezza sull’assenza di sintomi nonostante la lesione: no sangue, no dolore. Il tutto venne confermato 48 ore dopo dalla Prof.ssa Silvana Giannini mediante esame di RMN, in grado di evidenziare sì l’interruzione muscolare, ma nel contesto di una perfetta detersione lesionale.

Venticinque giorni dopo, Cufrè riprese posto in campo in competizione europea addirittura in Norvegia e nel mese di novembre. Inutile dire che fu lui l’autore della rete che ci consentì la vittoria.

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