Trattamento a cielo aperto ed artroscopico
PROF. LUIGI ADRIANO PEDERZINI – MEDICO CHIRURGO SPECIALISTA IN ORTOPEDIA
VILLA STUART, CENTRO MEDICO D’ECCELLENZA FIFA&FIMS
Il gomito rigido rappresenta una patologia per cui il trattamento è particolarmente complesso. La mancanza di movimento completo da 0° di estensione a 140° di flessione determina, a seconda dei casi, una vera e propria limitazione nello svolgimento delle normali funzioni articolari. Basti pensare che il solo uso del cellulare necessita di una flessione di circa 125°, non così semplice da raggiungere anche con interventi non particolarmente complicati. Alcuni autori affermano che un gomito è funzionale quando l’estensione sia meno di 20° e la flessione di circa 120° gradi. In realtà, sarà la specifica attività, lavorativa o sportiva che sia, a determinare le necessità del paziente. Le azioni che necessitino di completa estensione o completa flessione subiranno una limitazione importante se non siamo in grado di garantire un’escursione articolare sufficiente. Giocatori di basket e tennisti necessitano di un’estensione che permetta loro di svolgere la normale funzione di lancio o di tiro, mentre coloro che svolgono lavori manuali, anche pesanti, non hanno bisogno di una estensione completa.
Non è chiaro il motivo per cui un gomito sviluppa una rigidità: la complessità dell’anatomia, le tre articolazioni ad alta congruenza con la medesima capsula articolare, la particolare funzione dei legamenti collaterali mediale e laterale sono tutti fattori che, se non ben bilanciati, possono determinare una rigidità.



Tra mininvasività e chirurgia tradizionale
Le metodiche di trattamento si differenziano in artroscopiche e a cielo aperto, la cui scelta dipende da una serie di fattori. Congruenza articolare, deformità ossee, compromissione e retrazione delle parti molli extra articolari e compressioni nervose associate sono elementi che vanno tenuti in considerazione qualora si affronti una rigidità.
In generale, l’artroscopia viene riservata a casi di rigidità con corpi mobili, asportazione di frammenti ossei, osteofiti non particolarmente voluminosi, retrazioni capsulari senza alterazioni ossee, sinoviti recidivanti, anche di natura reumatoide, o a casi, in genere, dove sia necessaria una modesta asportazione ossea. Il trattamento a cielo aperto viene indicato, invece, quando è necessario un intervento più radicale per affrontare alterazioni più estese, deformità ossee importanti e gestire parti molli interessate da patologie non aggredibili altrimenti.
L’artrolisi artroscopica presenta il vantaggio di ottenere buoni risultati mediante 4-5 piccole incisioni di 1 centimetro e, quindi, un ridotto rischio di nuove aderenze e una minore chance di avvertire dolore, con una inferiore possibilità di infezione. Si tratta di vantaggi importanti se si considera che la chirurgia a cielo aperto non esclude comunque l’ipotesi di recidive e di aderenze mediante ampie incisioni e, quindi, la necessità di ulteriori gesti chirurgici. In questa sede, tuttavia, non si intende preferire una metodica all’altra, bensì valutare con attenzione il criterio di indicazione.
La parte riabilitativa rappresenta sicuramente un’importante fase per il recupero funzionale del paziente e si deve basare sul tentativo di ottenere un range di movimento massimale, senza provocare dolore o eccessivo stress, cercando di raggiungere l’obiettivo con diverse tecniche:
⁜ applicazioni di calore moderato;
⁜ massaggi anteriori e posteriori atti a scollare le parti molli;
⁜ mobilizzazione in flesso-estensione e prono-supinazione;
⁜ mantenimento di posizioni coatte e successiva mobilizzazione.
Queste attenzioni dovrebbero consentire un arco di movimento funzionale adeguato, evitando che subentrino complicanze di origine ossea, come neo-calcificazioni, o interessamenti nervosi, come irritazione del nervo ulnare.
Questo articolo è stato estratto dall’Edizione maggio – settembre 2024 di Top Physio Magazine interamente dedicato al distretto gomito, polso, mano.
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