DOTT.SSA RITA GUITALDI
MEDICO FISIATRA CASA DI CURA
VILLA STUART SPORT CLINIC, CENTRO
MEDICO D’ECCELLENZA FIFA E FIMS
DOTT. JACOPO GIAMPIETRO
FISIOTERAPISTA COORDINATORE
CASA DI CASA DI CURA VILLA STUART
SPORT CLINIC, CENTRO MEDICO
D’ECCELLENZA FIFA E FIMS
La distorsione di caviglia è l’evento ortopedico più frequente in assoluto. È fondamentale iniziare la fisioterapia già dopo pochi giorni dal trauma per ridurre il rischio che la distorsione esiti verso l’instabilità ma, nonostante questo, si può incorrere comunque in tale problema.
L’instabilità è legata ad un trauma distorsivo ricorrente, il 30-70% di tutte le distorsioni di caviglia esitano in Instabilità Cronica di Caviglia (CAI – Chronic Ankle Instability).
Il paziente avverte una sensazione di instabilità soggettiva dell’articolazione associata ai segni oggettivi quali gonfiore dopo l’attività, dolore e perdita di forza. Essa risulta essere di difficile definizione in quanto i sintomi, molto spesso, vengono confusi dalla maggior parte dei pazienti che non ricordano il trauma primordiale.
La causa della CAI è dovuta principalmente alla lesione di due legamenti: il peroneo astragalico anteriore e il peroneo calcaneare,
situati lateralmente alla caviglia.
La lesione di tali legamenti viene diagnosticata con test ortopedici quali il cassetto anteriore e il talar tilt ma, soprattutto, grazie alla Risonanza Magnetica Nucleare (RMN).
Nonostante tali lesioni, però, risulta comunque difficile definire, in termini temporali, una condizione di cronicità. Non si hanno dati certi per definire il momento preciso in cui un’instabilità di caviglia diventi cronica. Per tale motivo, si è optato di accertare una caviglia instabile quando il paziente avverte i sintomi dell’instabilità in un arco di tempo che solitamente va da 3 a 6 mesi.

Una classificazione precisa della CAI non esiste, ma una differenziazione, anche se non concordata, vede la CAI suddivisa in 3 tipologie:
⁜ instabilità meccanica;
⁜ instabilità soggettiva;
⁜ ricorrenza di traumi distorsivi.
Sono state proposte anche alcune categorie cliniche come la microinstabilità che, tuttavia, non rientrano in nessuna delle precedenti tipologie. Una distorsione acuta della caviglia dovrebbe ricevere un trattamento funzionale che includa un tutore rigido che consenta la flessione dorsale e plantare e blocchi lo stress in varo-valgo, nonché una fisioterapia precoce per la prevenzione della CAI. I risultati del trattamento conservativo della CAI sono generalmente considerati scarsi. Per tale motivo, alcuni chirurghi prenderebbero in considerazione l’intervento chirurgico, anche su caviglie meccanicamente stabili, dopo un periodo da 3 a 6 mesi di trattamento non chirurgico.
Nel caso del trattamento chirurgico, si effettua una medicazione morbida che consente la mobilizzazione immediata (entro 3 settimane dalla dimissione) della caviglia operata. La fisioterapia si può cominciare a partire da 2 settimane dopo l’intervento e il ritorno allo sport o al lavoro pesante intorno ai 4 mesi. Da quanto riportato, si può ben capire come la CAI sia una patologia molto variegata, di difficile definizione, con differenti segni e sintomi. Dietro un generico dolore persistente di caviglia a cui non viene data la giusta considerazione ci può essere un’instabilità o una microinstabilità occulta a cui però si associa un esame clinico torbido e risonanze spesso negative per lesioni legamentose. Sono proprio questi i pazienti che raramente ricevono una diagnosi e che andranno, quindi, incontro a fastidi persistenti con evoluzione di cronicità degenerativa. Già dalla fase diagnostica iniziale, infatti, il lavoro del laboratorio di valutazione funzionale permette di smascherare quadri di instabilità non visibili con la radiologia o magari solo sospettati alla visita ortopedica. In seguito, tali test funzionali saranno utili per monitorare i progressi delle terapie conservative e chirurgiche.
Protocollo riabilitativo conservativo
Dopo una distorsione di caviglia senza ricorso alla chirurgia, gli obiettivi generali del trattamento riabilitativo sono:
⁜ controllo della fase acuta e risoluzione dell’edema;
⁜ recupero dell’articolarità, della forza muscolare, della propriocezione, della stabilità e della mobilità motoria.
Il trattamento riabilitativo si divide in 4 fasi che possono sommarsi tra loro o sovrapporsi: fase acuta, subacuta, riabilitativa e funzionale.
Fase Acuta e Subacuta
La fase acuta si divide in due momenti, differenziati tra loro dal protocollo Peace & Love.
Dal momento dell’infortunio al 3° giorno, il tessuto lesionato ha bisogno di pace – “Peace”:
P = Protection: evitare attività e movimenti che aumentano il dolore durante i primi giorni dopo l’infortunio. Viene prescritto un tutore bivalva che permette la flesso-estensione ma che riduce l’inversione e l’eversione;
E = Elevation: sollevare l’arto ferito più in alto del cuore il più spesso possibile;
A = Avoid Anti-Inflammatories: evitare l’assunzione di farmaci antinfiammatori, poiché riducono la guarigione dei tessuti. Evitare ghiaccio;
C = Compression: oltre all’utilizzo del tutore si può associare una benda elastica o un taping per ridurre il gonfiore;
E = Education: il corpo ne sa di più. Evitare trattamenti passivi inutili e indagini mediche e lasciare che la natura faccia il suo corso.
Dal 3° giorno fino all’ 8° giorno, sempre nella fase acuta, il tessuto lesionato ha bisogno di amore – “Love”:
L = Load: lasciare che il dolore guidi il graduale ritorno alle normali attività. Il corpo dirà quando è sicuro aumentare il carico;
O = Optimism: condizionare il cervello per un recupero ottimale essendo fiduciosi e positivi;
V = Vascularisation: scegliere attività cardiovascolari senza dolore per aumentare il flusso sanguigno verso i tessuti da riparare. Viene rimosso il carico e il paziente non può poggiare il piede a terra. Si può optare per l’esecuzione di esercizi aerobici con gli arti superiore (per esempio la “Arm Bike”);
E = Excercises: ripristinare la mobilità indolore (flessoestensione) e mobilizzare tutte le articolazioni del piede, la forza (inizio del rinforzo isometrico indolore), la propriocezione (inizio allenamento propriocettivo in scarico) e il controllo del carico in base ai sintomi. Tutto ciò adottando un approccio attivo al recupero.
In questa fase, e nella successiva, si utilizzano anche le terapie fisiche strumentali (quali laserterapia ad alta potenza, tecarterapia, ultrasuonoterapia, magnetoterapia e correnti antalgiche) che permettono di ridurre dolore e gonfiore e che incrementano i processi riparativi. Anche la crioterapia, grazie alla vasocostrizione permette di ridurre lo stravaso evitando che il gonfiore aumenti.
Fase Riabilitativa
Durante la fase riabilitativa vera e propria, che va dalla 1° alla 3° settimana, si procede con:
⁜ incremento del range articolare, non solo in flessoestensione ma con l’obiettivo di ripristinare l’intera gamma di movimento articolare, mantenendo sempre un livello di dolore al di sotto della soglia;
⁜ incremento del rinforzo muscolare, iniziando a lavorare anche con esercizi in carico, partendo dall’isometria e inserendo gradualmente anche esercizi in contrazione eccentrica rispettando il dolore. Tali esercizi sono rivolti non solo al rinforzo della muscolatura stabilizzatrice della caviglia ma di tutto l’arto inferiore;
⁜ propriocezione progressiva in carico prima bipodalico e poi monopodalico, adattando gli esercizi alla sintomatologia per mezzo di tavolette oscillanti e in generale su superfici stabili e instabili;
⁜ carico completo senza ausili e deambulazione corretta, eliminando i compensi ed effettuando training del passo anche su superfici stabili e instabili;
⁜ stretching del tricipite surale.
Fase Funzionale
Nella fase funzionale, che va dalla 2° alla 8° settimana, il trattamento verterà su:
⁜ recupero ottimale della forza e della biomeccanica della caviglia;
⁜ protezione da instabilità articolare;
⁜ esercizi di equilibrio e rinforzo ed esercizi in contrazione concentrica e pliometrica;
⁜ lavoro aerobico degli arti inferiori e superiori;
⁜ esercizi di agilità;
⁜ esercizi sport specifici e di recupero del gesto sportivo.
Idrokinesiterapia e preparazione atletica
Sin dall’inizio del programma riabilitativo, alla fisioterapia in palestra è associata l’idrokinesiterapia. Gli effetti fisiologici e terapeutici dell’esercizio in microgravità sono l’effetto della spinta idrostatica, che permette una riduzione del peso corporeo (quindi della coattazione articolare) e un rilassamento, e l’effetto della pressione idrostatica, che migliora il ritorno venoso e riduce la stasi.

L’esercizio terapeutico in acqua permette:
⁜ un veloce recupero dello schema motorio della deambulazione, che può essere effettuata in semigalleggiamento e, quindi, con carico ridotto;
⁜ un valido ausilio nella risoluzione dell’edema sia per effetto della pressione idrostatica sia per il massaggio prodotto dall’acqua.
Quindi, in una fase iniziale, l’immersione del paziente nell’acqua alta permette di migliorare l’articolarità. In fase finale, l’acqua aumenta il carico di lavoro e migliora il potenziamento muscolare. Nella fase funzionale si può introdurre la riabilitazione sul campo, che permette una correzione degli errori della deambulazione, la ripresa della corsa, l’allenamento aerobico, l’esecuzione di esercizi di destrezza e coordinazione e la ripresa dei gesti atletici specifici di ogni sport.
Protocollo riabilitativo post-chirurgico
Per il trattamento riabilitativo post-chirurgico dell’instabilità di caviglia, i tempi di inizio della mobilizzazione, progressione del carico, uso di tutore e ritorno all’attività sportiva sono sotto indicazione del chirurgo ortopedico che ha eseguito l’intervento. Solitamente le fasi sono le seguenti:
2°- 4° settimana:
⁜ lavoro aerobico con gli arti superiori;
⁜ rieducazione al passo con tutore e ausili.
6°-10° settimana:
idrokinesiterapia;
incremento del range articolare in flessoestensione e su tutti i piani, sotto soglia del dolore;
incremento della forza muscolare con inserimento di esercizi a resistenza elastica;
esercizi isotonici eccentrici;
esercizi di propriocezione su superfici instabili e corretto schema passo.
11°-18° settimana:
⁜ recupero del totale range articolare;
⁜ inserimento di esercizi isotonici concentrici per il potenziamento muscolare;
⁜ esercizi di equilibrio e propriocezione avanzati;
⁜ avvio al lavoro aerobico anche con gli arti inferiori;
⁜ recupero del gesto atletico;
⁜ ritorno all’agonismo.

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