Covid-19 e dolore cronico

Ultimo aggiornamento il 20 Novembre 2022
dolore cronico e corona virus

Quale impatto ha sulla nostra salute?

La pandemia Covid-19 ha avuto un impatto sulla vita e sulla salute delle persone in tutto il mondo, con potenziali ulteriori effetti in futuro. L’esperienza di vivere all’interno di questa pandemia ha sconvolto la vita quotidiana di tutti, compresi quegli individui che vivono con il dolore cronico (CP), quelli contagiati dal Covid-19, gli operatori sanitari, così come coloro che sono rimasti fisicamente sani.

Il lascito di questa pandemia si estende oltre la malattia fisica, dato lo stress psicosociale dovuto a periodi prolungati di limitato contatto interpersonale, paura della malattia, incertezza futura e problemi finanziari. Lo smarrimento è alimentato dalla costante copertura mediatica, spesso con informazioni contrastanti, raccomandazioni diverse da parte delle autorità sanitarie pubbliche in diverse giurisdizioni, durata sconosciuta e probabilità di ricomparsa di questa pandemia.

In questo contesto, esamineremo le potenziali conseguenze del Covid-19 per la salute, dal punto di vista del dolore nociplastico e neuropatico. Secondo recenti pubblicazioni scientifiche è aumentato il numero di persone che soffrono di dolore cronico:

1) come parte di una sindrome postvirale o il risultato di un danno d’organo associato al virus

2) per peggioramento del dolore cronico dovuto all’esacerbazione di preesistenti dolori fisici o mentali

3) per l’insorgenza di dolore cronico in individui non affetti da Covid-19, ma che hanno sofferto per scarso sonno, inattività, paura, ansia e depressione.

Il dolore cronico deve essere considerato nel contesto del modello biopsicosociale, che vede i sintomi come il risultato di un’interazione complessa e dinamica tra fattori biologici, psicologici e sociali. I meccanismi predisponenti sottostanti includono fattori genetici, precedenti esperienze di dolore ed eventi traumatici che possono essere fisici o emotivi.

Le condizioni di dolore cronico possono essere innescate da fattori di stress psicosociali o da fattori biologici specifici dell’organo, che possono verificarsi preferenzialmente in individui con un sistema di risposta allo stress fragile. La pandemia Covid-19 ha avuto molte caratteristiche che potrebbero potenzialmente aumentare la prevalenza del dolore cronico.

La comunità dei fisiatri e dei fisioterapisti è invitata a considerare le possibili conseguenze a valle del Covid-19, non solo per i pazienti che sopravvivono all’infezione, ma anche per la comunità più ampia che ha subìto effetti psicologici, sociali ed economici. Le malattie virali acute si presentano spesso con mialgia e affaticamento, oltre che con sintomi specifici dell’organo, come si è visto con l’influenza, e si è notato nelle pandemie H1N1 del 1918 e del 2009, e nell’infezione da coronavirus durante l’epidemia di SARS.

Le risposte mediche a queste infezioni sono quasi sempre concentrate sulla risposta immediata alla malattia acuta, con poca attenzione agli esiti a lungo termine. In un piccolo studio su 22 soggetti (21 dei quali erano operatori sanitari) infettati durante l’epidemia di SARS, una sindrome cronica post-SARS costituita da affaticamento, mialgia diffusa, depressione e sonno non ristoratore è persistita per quasi 2 anni. Analogamente, alcuni pazienti con dolore cronico diffuso riportano l’insorgenza dei sintomi dopo una malattia virale percepita.

Sebbene alcune infezioni causino sindromi postinfettive specifiche, spesso si osserva anche una risposta stereotipata comune a qualsiasi tipo di infezione. Per esempio, fino al 12% dei pazienti infettati con 3 diversi patogeni, cioè il virus di Ross river (causa della poliartrite epidemica), Coxiella burnetii (causa della febbre Q) e il virus di Epstein-Barr, hanno sperimentato una sindrome postvirale di dolore, affaticamento e difficoltà di memoria fino a 12 mesi dopo l’infezione.

Sebbene queste infezioni abbiano presentazioni acute molto diverse, una sindrome cronica stereotipata si è verificata a tassi notevolmente simili e non è stata predetta da misure demografiche, psicologiche/ psichiatriche o da fattori microbiologici. La presenza e la gravità dei sintomi somatici durante l’infezione acuta era strettamente correlata al successivo sviluppo di dolore e fatica cronici.

Alcuni individui con Covid-19 hanno bisogno di cure in terapia intensiva e gli individui che sopravvivono a una malattia che richiede il ricovero in terapia intensiva sono a maggior rischio di dolore cronico. Indagini hanno riportato che vi è dolore cronico in una percentuale tra il 38% ed il 56% dei sopravvissuti all’ICU. Anche la salute mentale è spesso colpita da una malattia grave. Tra il 41% e il 65% dei sopravvissuti alla SARS ha sperimentato sintomi psicologici persistenti. Tra il 25% e il 44% dei residenti di Hong Kong che sono stati infettati dalla SARS e sono sopravvissuti hanno ricevuto una diagnosi di disturbo post traumatico da stress (PTSD) e il 15% ha sperimentato la depressione per almeno 30 mesi dopo la malattia. Il disturbo post traumatico da stress si è verificato anche nel 40,7% degli operatori sanitari infettati dalla SARS.

Dati questi fattori, la saggezza comune potrebbe suggerire che eventi catastrofici e stressanti come il Covid-19 porteranno inevitabilmente a un’esacerbazione del dolore cronico. Nella crisi appena vissuta, le preoccupazioni sanitarie immediate sono state rivolte al contenimento e alla cura dei pazienti acuti. L’impatto della pandemia di Covid-19 sulla salute si è manifestata sia negli individui contagiati che nelle persone risparmiate dall’infezione, che sono state comunque influenzate negativamente dalle interruzioni della vita normale e hanno sperimentato una vasta gamma di fattori di stress fisico, psicologico e sociale.

Il riconoscimento tempestivo di nuove forme di dolore cronico o esacerbazioni di quelle preesistenti, il trattamento rapido e mirato e le strategie per mitigare l’impatto sulla salute sono fortemente incoraggiati.

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