Copertura assicurativa professionale obbligatoria per il fisioterapista

Ultimo aggiornamento il 5 Marzo 2025
Fisioterapista a lavoro

Cosa cambia con la legge Gelli?

del Professor Lorenzo Polo e della Dott.ssa Valeria Paliero

La fisioterapia è la branca della medicina che si occupa della prevenzione, cura e riabilitazione dei pazienti affetti da patologie o disfunzioni congenite o acquisite in ambito muscolo-scheletrico, neurologico e viscerale, attraverso molteplici interventi terapeutici e assistenziali.

La fisioterapia, peculiare in molteplici aspetti e ambiti, si configura come un’attività altamente integrata e comprende interventi e modalità di approccio sia strettamente terapeutici (la medicina riabilitativa vera e propria), sia per attività di supporto mirate al benessere o al mantenimento della salute nella popolazione generale o di specifiche categorie di soggetti (anziani) rispetto alle quali prevale la dimensione assistenziale.

All’estensione dell’ambito di competenze della disciplina fisioterapica, avvenuta nell’ultimo ventennio, è corrisposto un consensuale ampliamento dei limiti e dell’autonomia dei professionisti ad essa deputati, ovvero i fisioterapisti. Sotto il profilo normativo, il primo riferimento esplicito alla figura del fisioterapista si rinviene in una legge del 1968 (legge n. 132/1968: Enti ospedalieri ed assistenza ospedaliera), che collocava il “terapista della riabilitazione” nell’ambito del cd. personale sanitario ausiliario. L’evoluzione normativa ne ha modificato il profilo.

Autonomia e responsabilità del fisioterapista

I decreti legislativi n. 502 del 1992 e n. 517 del 1993, hanno portato all’identificazione, da parte dell’allora Ministero della Sanità, di ventidue professioni sanitarie, con i relativi profili. Il profilo del fisioterapista risulta dettagliatamente normato dal dm 741 del 14.09.1994, che ne stabilisce le caratteristiche, i requisiti e gli ambiti di competenza. L’autonomia e la responsabilità della professione del fisioterapista viene sancita dalla legge n. 42 del 1999 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie), che ha permesso il definitivo superamento dell’ormai obsoleto concetto di ausiliarietà, con la nascita delle professioni sanitarie, alle quali viene finalmente riconosciuta una propria identità e autonomia professionale.

La legge n. 251 del 2000 ribadisce tale acquisizione affermando che: “Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area della riabilitazione svolgono con titolarità e autonomia professionale, nei confronti dei singoli individui e della collettività, attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze previste dai relativi profili professionali”.

Obbligo di un ordine di riferimento per le professioni sanitarie

Il percorso di ‘emancipazione’ delle professioni sanitarie in generale – e di quella fisioterapica in particolare – si completa con il ddl Lorenzin, pubblicato sulla GU del 18.01.2018, che prevede un riassetto normativo delle ventidue professioni sanitarie e stabilisce l’obbligo della creazione di un ordine di riferimento per ognuna di esse. Anche la giurisprudenza, pur con ritardo, si è adeguata all’impostazione stabilita dal legislatore, mostrando una netta inversione del proprio orientamento decisionale in ambito di competenze professionali rispetto alla specifica autonomia professionale.

Nel 2003 la Cassazione aveva sancito la titolarità, da parte del medico, dell’esercizio di attività fisioterapiche, lasciando così intendere una sorta di “competenza universale” per il medico, legittimato all’esercizio di qualsiasi professione attinente all’ambito sanitario.

La laurea in medicina non consente l’espletamento di attività riabilitative

Tale impostazione è stata invece superata da una più recente sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione (n. 5080 del 13.03.2015), che ha riconosciuto l’autonomia e l’esclusività dell’esercizio professionale fisioterapico, affermando il principio di diritto secondo il quale la laurea in medicina consente l’espletamento di attività ausiliarie ma non anche di attività, quale la terapia riabilitativa, che non hanno tale carattere e il cui svolgimento postula uno specifico diploma universitario”.

La maggiore autonomia professionale ha determinato un aumento delle responsabilità a carico dei professionisti coinvolti, con necessità di pieno adeguamento al profilo professionale sul piano operativo diretto, organizzativo e conseguentemente delle responsabilità con necessità di tutte le azioni preventive rispetto a ipotesi di contenzioso giudiziario.

Legge Gelli-Bianco

L’attuale normativa che disciplina la responsabilità nell’ambito delle professioni sanitarie è rappresentata dalla cd. legge Gelli-Bianco (legge n. 24 del 08.03.2017, Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie). Come si evince già dal titolo attribuito alla norma, il legislatore ha voluto espressamente ampliare i confini della responsabilità professionale sanitaria, interessante non più unicamente i medici, ma tutti gli esercenti le professioni sanitarie, nell’ambito dei quali risultano ovviamente ricompresi anche i fisioterapisti.

La norma pone al centro delle relazioni tra i pazienti e gli esercenti la professione sanitaria la sicurezza delle cure prevedendo espressamente che: “alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale”.

La duplice responsabilità dei fisioterapisti

In conseguenza di tale nuovo assetto normativo, i fisioterapisti si trovano ora esposti ad un duplice rischio che grava sia sul singolo professionista – per le attività svolte direttamente sul paziente – sia sulla struttura (ospedale, poliambulatorio o centro fisioterapico) all’interno della quale esso si trova ad operare. Sebbene l’interessamento giudiziale del fisioterapista (sia in ambito penale che civile) rappresenti un’eventualità infrequente, la responsabilità di tale professionista è già stata riconosciuta da diverse pronunce giurisprudenziali, verosimilmente destinate ad aumentare anche in relazione alle previsioni del nuovo sistema normativo.

Nell’ottica di limitare l’esposizione al rischio di contenzioso, risulta fondamentale la conoscenza dell’orientamento assunto dal Consiglio di Stato in materia di autonomia e responsabilità del fisioterapista. In epoca recente, con tre importanti sentenze, il Consiglio di Stato ha voluto chiarire con precisione i limiti della professione fisioterapica, affermando che l’autonomia professionale del fisioterapista si può esercitare solo nell’ambito del profilo e delle competenze professionali proprie e, comunque, in rapporto con le diagnosi e le prescrizioni di stretta competenza medica, cioè all’interno di una preliminare individuazione del problema clinico e del tipo di risposta riabilitativa necessaria, oltre che della verifica dei risultati.

Le terapie riabilitative vanno prescritte da un medico

In sostanza, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza, il fisioterapista gode di una propria indiscussa autonomia professionale, ma è legittimato all’esecuzione di procedure terapeutiche riabilitative solo se queste sono state precedentemente prescritte da un medico. Violando tale principio, il fisioterapista viola il perimetro delle proprie competenze e limiti svolgendo ruoli, compiti e funzioni che esulano dal proprio ambito di competenza, con severe conseguenze sul piano giuridico, concretizzandosi ipotesi di impegno della responsabilità sia in ambito penale che in quello civile.

Il predetto quadro normativo-giurisprudenziale evidenzia una chiara demarcazione dell’attività fisioterapica. Ambito che, seppur notevolmente esteso rispetto al passato, continua ad essere contraddistinto e delimitato da confini netti e ben precisi, ai quali il professionista è sempre tenuto ad attenersi con il massimo rigore per tutelare al meglio sé stesso e i propri assistiti.

Carenza di decreti attuativi per l’obbligo assicurativo

Per quanto attiene in particolare l’ambito civile e le ipotesi di addebito risarcitorio è utile porre in evidenza che pur prevedendo la nuova normativa l’obbligo di assicurarsi per chi svolge una professione sanitaria, a causa della carenza dei decreti attuativi non vi è a tutt’oggi l’obbligo a contrarre da parte delle compagnie assicuratrici. In tale scenario si richiama l’opportunità di provvedere a stipulare una polizza per le coperture assicurative inerenti al profilo di attività svolta evidenziando che ove il fisioterapista ecceda dai limiti operativi contrattualmente previsti potrebbero concretamente profilarsi condizioni di non operatività del contratto assicurativo.

Save The Date: 20 marzo 2025
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