I metaboliti secondari delle piante
Le piante producono numerosi composti organici che non possiedono una funzione diretta nei processi vitali e che sono definiti metaboliti secondari. Questi non sono ubiquitari ma espressione di una specie vegetale o di un gruppo filogeneticamente imparentato. La loro sintesi si intreccia con quella dei metaboliti primari (acidi nucleici, carboidrati, lipidi e proteine) e vengono suddivisi, in base alla struttura chimica, in tre gruppi:
- terpeni, ottenuti dall’unione di elementi a cinque atomi di carbonio (unità isopreniche)
- composti fenolici, derivati del benzene con uno o più gruppi idrossilici associati all’anello fenolico. A seconda della loro struttura possono essere distinti in: acidi fenolici (acidi idrossibenzoici e idrossicinnamici), alcoli fenolici, stilbeni, lignani, flavonoidi (flavonoli, flavoni, flavanoni, isoflavoni, antocianidine, flavonoli)
- composti azotati, di cui ne fanno parte i glicosidi cianogeni e gli alcaloidi.
La ragione d’essere di tali sostanze risiede nel vantaggio evolutivo che garantiscono. Infatti:
- proteggono le piante dalla predazione da parte degli erbivori e dalle infezioni dei patogeni microbici
- agiscono come attrattanti per gli impollinatori e per gli animali in grado di disperderne i frutti
- svolgono un ruolo competitivo nelle interazioni pianta-pianta e pianta-microbo.
I fitochimici e il loro ruolo sulla salute

Evidenze provenienti da osservazioni epidemiologiche mostravano un migliore stato di salute in coloro che consumavano frutta e verdura in maggiori quantità. Per questo motivo si cominciò a studiare quali fossero le componenti benefiche di tali alimenti. L’attenzione così ricadde sui metaboliti secondari delle piante, in particolare terpeni e composti fenolici, capaci di regolare l’attività delle cellule animali e umane.
I risultati di queste ricerche potrebbero trovare applicazione nella chemioprevenzione, strategia preventiva che si avvale dell’utilizzo di agenti naturali o di sintesi allo scopo di interrompere o far regredire il processo di cancerogenesi. I fitochimici più promettenti in tal senso risulterebbero:
⁜ la capsaicina, un alcaloide presente nei peperoncini piccanti del genere Capsicum
⁜ le catechine (catechina, epicatechina, epigallocatechina ed epigallocatechina-3-gallato), composti fenolici rinvenibili principalmente nel tè verde
⁜ il licopene, un terpene appartenente alla famiglia dei carotenoidi notoriamente contenuto nei pomodori
⁜ la cucurbitacina B, isolata nei vegetali della famiglia delle Cucurbitaceae
⁜ gli isotiocianati (benzil-isotiocianato e fenetil-isotiocianato), ottenuti per degradazione enzimatica dei glucosinolati (glicosidi solforici tipici delle Brassicaceae)
⁜ gli isoflavoni, famiglia di composti fenolici presenti esclusivamente nelle leguminose.
Il problema delle evidenze scientifiche
La scoperta delle proprietà epigenetiche dei fitochimici ha portato alla formulazione del termine nutraceutico, neologismo sincratico tra “nutrizione” e “farmaceutica” che sottolinea il ruolo di tali composti nel favorire i processi fisiologici dell’organismo. Questa definizione, per quanto affascinante, ammicca ad una scorretta interpretazione dell’alimentazione: l’attenzione specifica alle singole componenti, infatti, tende a farmacologizzare la nutrizione e rischia di spingere verso l’utilizzo degli integratori. Gli alimenti non dovrebbero essere banalizzati quali fonti esclusive di una determinata molecola, quanto piuttosto una miscela eterogenea di componenti di interesse nutrizionale i cui effetti protettivi sarebbero ascrivibili alla loro azione congiunta e sinergica.
Sebbene l’interesse della comunità scientifica sui fitochimici sia elevato e i risultati degli studi ottimistici, devono essere chiariti ancora molti aspetti legati:
⁜ alla biodisponibilità
⁜ al metabolismo
⁜ alla compartimentalizzazione
⁜ all’escrezione
⁜ all’interazione con la matrice alimentare, con i nutrienti e gli altri composti d’interesse nutrizionale.
Inoltre la risposta dei singoli individui all’assunzione di tali sostanze può essere influenzata anche da fattori genetici.
Per delineare un possibile meccanismo d’azione si dovrà attendere che la scienza ne individui le principali forme circolanti e ne descriva le attività sulla fisiologia umana.

Conclusione
Gli alimenti di origine vegetale contengono importanti componenti minori, i metaboliti secondari, implicati in alcune funzioni basali della pianta e nell’interazione della stessa con l’ambiente esterno. Alcuni di essi, i cosiddetti fitochimici, sono stati visti esercitare importanti effetti sull’organismo umano e si specula che possano svolgere un’azione preventiva contro le patologie
croniche, in particolare quelle oncologiche.
Allo stato attuale delle conoscenze, però, non ancora è possibile definire i fabbisogni nutrizionali per tali composti, motivo per cui bisognerebbe prediligere altre strategie per assicurare la salute della popolazione.
L’adozione del decalogo proposto dalla WCRF rappresenta uno stile di vita sano che favorisce la riduzione dell’incidenza delle patologie non trasmissibili e di alcune tipologie di cancro.
Trattasi di indicazioni pensate per essere appropriate in ogni contesto sociale, dai paesi in via di sviluppo a quelli industriali.
Per garantire una corretta educazione alimentare sarà necessario investire nella formazione di giornalisti e operatori sanitari, professionisti in grado di raggiungere capillarmente un numero elevato di individui e diffondere tali comportamenti virtuosi.
La visita nutrizionale per l’elaborazione di un piano alimentare personalizzato rispecchia i tempi di una visita specialistica: il Professionista, valutate le esigenze del paziente, raccoglierà l’anamnesi ed eseguirà l’esame obiettivo tramite valutazioni antropo-plicometriche e/o l’esecuzione di esami strumentali (bioimpedenziometria corporea o distrettuale).