La diagnosi di una sindrome o di una patologia, in particolar modo se ci troviamo davanti ad una condizione cronica, multifattoriale e che provoca sintomi aspecifici, è un momento fondamentale della relazione che si instaura tra Medico e Paziente: sarà indispensabile per lo Specialista per programmare le indagini mirate, prescrivere una terapia adatta e formulare una prognosi; sarà cruciale per il Paziente che si è rivolto al Medico chirurgo per instaurare un pieno rapporto di fiducia.
Diagnosi di patologie organiche e funzionali: quali sono le differenze?
La diagnosi di una condizione organica, per la relativa semplicità con cui si riescono a collezionare reperti oggettivabili (referti di diagnostica di laboratorio o di diagnostica per immagini, per esempio), è più facilmente perseguibile di una diagnosi di una condizione funzionale, cioè priva di alterazioni anatomiche evidenziabili: in questo caso sarà fondamentale attuare un procedimento diagnostico che prende il nome di diagnosi per esclusione.
La diagnosi per esclusione
La diagnosi per esclusione di una condizione funzionale può comportare un carico emotivo molto impegnativo per il paziente e, se perseguita in modo indiscriminato, presenta lo svantaggio di organizzare un numero di esami diagnostici con un elevato costo per il singolo o a carico del Sistema Sanitario, senza contare il rischio di danno iatrogeno, ovvero del danno causato proprio dai trattamenti medici.
Cosa si intende per danni iatrogeni?
Sono danni iatrogeni gli effetti collaterali o le complicanze relative all’uso di farmaci o ad esami diagnostici che compaiono accidentalmente durante il percorso di diagnosi ed il trattamento medico.
Non solo: la richiesta continua di esami che non danno una risposta definitiva ai disturbi e ai dubbi del paziente e che lo lasciano nell’insicurezza sul suo stato di salute può rinforzare la sensazione di perdita di salute e peggiorare i sintomi riferibili alla patologia o alla sindrome indagata.
Nonostante tutto, la diagnosi per esclusione è uno strumento essenziale per arrivare a dare un nome e un cognome alle alterazioni che non presentano un corrispettivo oggettivabile: un classico esempio di patologia funzionale muscolo-scheletrica è la Sindrome femoro-rotulea e vi si giunge solo dopo aver escluso tutta una serie di cause riferibili a patologie organiche.
La diagnosi differenziale
Un attento percorso di diagnosi differenziale va invece intrapreso in quei pazienti che presentino segni e sintomi di allarme nel momento in cui lo Specialista esegue l’anamnesi e l’esame obiettivo: se si manifestano delle alterazioni agli esami di laboratorio prescritti in prima battuta (esami che definiremmo di primo livello) oppure se il paziente non risponde in modo atteso e soddisfacente alla terapia, si deve sempre mettere in discussione il quesito diagnostico a cui si è giunti precocemente con l’obiettivo di limitare le indagini a quelle strettamente necessarie.
Gli accertamenti da proporre devono essere strettamente guidati dal sintomo e segno principale ed essere condotti secondo un percorso a tappe che prende il nome di algoritmo diagnostico. L’algoritmo diagnostico prevede l’esecuzione di esami progressivamente più impegnativi e sofisticati, utilizzando la terapia e le sue eventuali variazioni in prescrizione/somministrazione come mezzo di verifica.